A volte ho l’impressione di saperne di più di quel che ho coscienza di sapere.
L’albergo, la vedovanza, l’assenza di desiderio di condivisione delle cose più facilmente condivisibili della vita, la necessità di coltivare il ricordo scrivendolo, tutto, mi fa sospettare che non sia un caso.
Quando ero bambino non dormivo perchè temevo di morire nel sonno. Non era la morte in sè a spaventarmi, ma l’idea di passare dallo stato di incoscienza alla morte. Temevo di non riuscire a riconoscere il passaggio vivo/morto di non cogliere il mio ultimo respiro. Avevo in mente come morte perfetta quella dell’eroe che esala il suo ultimo respiro tra le braccia dell’amata, ucciso dallo sparo di una pistola bastarda. Prima di morire avrei potuto capire tutto, avrei sentito l’attimo esatto, magari avrei anche sorriso.
Ora non dormo per altri motivi ma continuo a coltivare la paura di una morte inconsapevole. In verità da tempo ho spostato lo sguardo. Guardo alla vita inconsapevole, quella portata dal degrado della mente e ne ho il terrore. Capita che mi svegli e che per alcuni secondi non mi riconosca, non sappia chi sono e dove sono. Capita che non abbia la capacità di decidere quale parte del corpo muovere, che debba fare uno sforzo per cercare di rimettere insieme tutti i pezzi di un corpo e di una identità che so esserci, che so evocare ma non riesco a riempire.
Vengo assalito dal panico e allora mi alzo vado al bagno e davanti allo specchio mi denudo e guardo ogni centimetro di pelle e cerco di riconoscerlo, nomino a voce alta ogni organo, ogni parte del mio corpo per ridargli consistenza. Poi passo in rassegna i nomi delle persone che ho incontrato nella giornata, i luoghi dove sono stato, il pranzo, la cena. Cerco di ricordare i pensieri, le sensazioni. Devo ricostruire tutto, fotografarlo. A volte ci vogliono ore per calmarmi e rimettermi a letto a dormire.
Una notte ho sognato una zingara, la stessa che da giovane mi lesse la mano e mi raccomandò di non raccontare mai a nessuno il segreto che avevo e mi intimò di non mostrare mai più ad alcuno quelle linee. La zingara nel sogno guardava nuovamente la mia mano e con un tono tristissimo mi svelava un destino che ahimè già conosco.
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Ultimi
Non era la morte a spaventarmi, ma l’idea di passare da uno stato d’incoscienza alla morte.
Ecco questo è anche un mio pensiero.
Inquieta anche te?
Si
Ho letto e riletto.. Nell’attesa di coglierti pienamente ti rileggo
della serie … non si capisce una beata …
La morte può fare paura sia essa sia consapevole sia essa sia inconsapevole. Non c’è nulla da fare. E’ un pensiero atavivo che ci trasciniamo da sempre. Così esorcizziamo la morte, come facevano gli antici, oppure come fa la voce narrante.
Anche il sogno della zingara fa parte del rituale. Lei non svela nulla di nuovo. sappiamo già tutto. La morte arriverà e non possiamo farci nulla.
Già, che tristezza!
In effetti è triste.
nono, io la cosa della zingara non la sapevo.
Intuivo la presenza di un segreto, ma ora è esplicita, e implicitamente svelato.
Manca solo la rivelazione esplicita – ma quella voglio lasciarla centellinata.
Il bisogno di “riempire l’identità” è raccontato magnificamente – e so che sai che so che genere di sensazione provoca stare così davanti allo specchio.
Lo intuisco, intuisco che stare davanti allo specchio è un esercizio che pratichi.
yup. È l’attività migliore, almeno finchè non troverò un modo più violento per affrontare la paura del vuoto.
Mamma che allegria oggi nei blog che leggo ! 😦
Dicono sia colpa del tempo…
The weather or the time?
Entrambi, ovviamente.
Certo che l’italiano è una lingua complessa!
a me spaventano più gli zingari della morte 🙂 e cmq non è la morte che mi spaventa ma di che morte morirò…serena giornata…Sara
Paura degli zingari? E perchè mai?
Hai ragione, forse ha più senso avere paura di quello.
ho un brutto ricordo
La morte è così sopravvalutata, non trovi? Di vita, invece, se ne parla sempre troppo poco…
Sinceramente non mi trovo d’accordo. Io credo che se pensassimo alla nostra finitezza daremmo senso alla nostra vita e a quella degli altri.
Io dico che ci pensiamo troppo, e finiamo per dare valore alle cose sbagliate e perlopiù nostre, poco a quelle degli altri. Proprio per via del terrore di morire che per molti è una vera e propria ossessione. Mio punto di vista.
L’idea di passare da uno stato d’incoscienza alla morte non mi spaventa troppo. Sempre che la morte non sia un eterno incubo, in cui si entri senza possibilità di fuga.
Temo sia proprio così.
Abbiamo dei segreti io e Paolo. Forse mi è sempre piaciuto per questo…. 😉
Fine dicembre Torino, parliamone.
Questa volta paolo ha qualcosa di agghiacciante, la nitidezza desolata con cui lo fai parlare.
ml
agghiacciante, desolante… lo descrivono, sì
Quando ero piccola, mi proibivo di addormentarmi in macchina per paura di morire in un incidente stradale senza avere la possibilità di guardare in faccia la morte stessa in arrivo.
Ti capisco moltissimo
Sei bravissima, davvero.
G.
Senti chi parla! 🙂
Grazie.