Accadde proprio così. Si rovesciò tutto. Quello che prima stava sopra si ritrovò sotto, l’olio non galleggiava più e nemmeno la verità più semplice (avevo le mutante sporche) corrispondeva al vero. Insomma tutto cominciò quando tutto era ormai finito. Giacevo sul letto. Sudavo anche a stare immobile. Perché io ero immobile. Non ero legata, nessuna corda o catena, nessuna sconnessione dei motoneuroni. Io ero immobile perché altro non potevo fare. Quando finì tutto, quando il mondo si scucì, la cucitura che lo teneva insieme non riuscì a contenere nulla, proprio nulla. Tutti i pensieri e le parole pronunciate (e pensate) cominciarono a scorrerre inarrestabili, come pisciate via. Che cosa avrei potuto fare se non fermarmi completamente, se non arrestarmi forzatamente? Io capisco ben poco del moto dei corpi, ne ho cavalcati a vanvera pensando che la fortuna fosse dalla mia parte. Ora basta, ora sto immobile, pronta alla mia nuova vita: cibo per vermi (ha suggerito qualcuno).
Forse continua …
da che parte sta la fortuna?
Dall’altra
le fini sono spesso degli inizi
Sempre
And the worms ate into his brain. (Hey You, Pink Floyd)
Mi spiace non capisco il francese
è roba di vermi, è un problema planetario
la fine segna un nuovo inizio. Ma sarà sempre vero?
Credo di sì, l’inizio di un nuovo stato o del nulla
eh! sì.
Non so se sono più inquietanti le parole o la foto.
ml
L’opera è magnifica e inquietante, le mie parole piuttosto confuse.
Ciao ml
apperò, in quasi dodici righe sei riuscita a scrivere un piccolo trattato di psicosociologia, mi stai da sempre simpatica e quindi mi permetto dirti che cadono solo quelli che si appendono, non sono ebreo ma un vecchio proverbio yiddish recita: “stolto è colui che inciampa in qualcosa che sta dietro”, metafora che esprime un concetto base: “vai avanti senza mai voltarti”.
E io che temevo so trattasse di psicopatologia 🙂
Non so se condivido, o meglio, capisco il concetto ma credo nella necessità di riguardare al passato, agli errori commessi, accettando anche di essere totalmente imperfetti.
Ciao e grazie. Un abbraccio
Quale divinità nei regni della demenza, quale feroce dio generato da lobi fumani di rabbia avrebbe potuto concepire una custodia per anime meschina quanto questa carne.
Questo insulso tabernacolo destinato ai vermi.
(Cormac McCarthy, Suttree)
La custodia è vuoto a perdere
Meno male! Riportarla indietro è una gran rottura
Hai usato anche gusci di cozze per la scultra nella foto?
Alberto Giacometti ha usato di sicuro i resti di una pepata di cozze 🙂
Leggo i tuoi ultimi post. Nudi e crudi. Si parte dal corpo e dalla carne (è nelle tue corde). E forse lì si rimane, forse il tutto (e il niente) risiede lì. Ma c’è qualcosa, qualcosa che sta prendendo forma – oltre il senso della caducità e della fine, pare una metamorfosi (la scultura aliena e kafkiana dell’illustrazione… mi ha evocato Giger…) che passa attraverso il sovvertimento di leggi e percezioni fisiche (notevoli quelle “mutande sporche”). Curioso di vedere se e come proseguirà…
Grazie Paolo. Credo stia prendendo forma la fine
Ehi, Menteminima,
so che non sono zacchi miei, e che è sano tenere distanze tra la narrazione e il vissuto (quindi quello che appare sui blog lascia i tempi che trova), ma è da un sacco che non scrivi, e gli ultimi toni sono stati preoccupanti.
Come va? Tutto ok?
In bocca al lupo, in ogni caso.
Andrea