Sedevo al banco su di uno sgabello alto in acciaio. La barista, quella bella con lo sguardo tagliente, sistemava bicchieri. Ne prendeva uno dal cestello della lavastoviglie, lo lucidava con un panno in modo da togliere ogni macchia d’acqua evitando di lasciare impronte e lo riponeva con precisione su di una mensola.
Io bevevo una birra. Non so nulla sulla birra, so solo che per piacermi deve essere bionda e amara. Con le donne è diverso possono essere bionde, scure o rosse, mi basta che siano amare.
Credo sia un’immagine triste quella di un uomo della mia età seduto da solo in un bar a bere birra.
A mio padre non piaceva la birra, andava al bar sotto casa e ordinava un calice di vino rosso. La barista sceglieva una delle bottiglie aperte e riempiva di vino il bicchiere senza rendere conto a mio padre quale avesse scelto.
Forse anche l’immagine di un uomo dell’età di mio padre che beve da solo, in piedi un calice di rosso è triste.
Mio padre era un uomo insolito, parlava poco, sapeva tutto di geografia, di storia e di lirica. Portava i capelli neri all’indietro. Da giovane era magrissimo, seguiva le corse dei cavalli, odiava ballare, cucinava benissimo. Credo non abbia vissuto la vita che voleva, ma chi di noi lo può fare?
Di mio padre so un sacco di cose, forse nessuna veramente rilevante per poter affermare di conoscerlo. In alcuni momenti credo di averlo intuito, ma era troppo difficile, credo lavorasse sodo per non lasciare nulla di scoperto.
Era di sinistra ma si divertiva a farsi prendere in giro da sua moglie, mia madre, che stremata dai suoi silenzi lo insultava dandogli del democristiano.
Era appassionato di scommesse, lotterie e concorsi a premi, però non esagerava mai. Giocava sempre con moderazione, sempre il minimo della posta. Solo per divertirsi, solo per sperare un po’, forse per sentire battere un po’ più forte il cuore.
Avevo quasi finito la birra e nessuna voglia di andare a cena con Franco e quei due suoi amici romani.
La porta del bar sulla mia sinistra si aprì facendo entrare un vento gelido insieme a un gruppo di giovani formato da tre maschi e due femmine. Una di queste era altissima e teneva al guinzaglio un cane che una volta entrato si accucciò obbedientemente ai suoi piedi. Fu allora che notai le scarpe della ragazza, erano verdi.
Ecco una cosa che sapevo di mio padre, ma riuscivo a realizzare solo in quel momento, al bar, con la birra quasi finita: mio padre aveva sposato una donna, mia madre, che al matrimonio, in chiesa, indossava un tailleur bianco sopra un paio di décolleté verdi.
Taglia e cuci, cuci e incolla e vengono fuori ste’ cose. Questa avrei voluto scriverla io, solo non c’avrei messo i violini.
Quale?
Quale musica ?
Cielo spiegati per favore
c’è qualcuno che vive la vita che vorrebbe? ne hai notizia?
Questo post mi sembra un vecchio amico. Può essere che ci siamo conosciuti, il e questo post, qualche tempo fa? O tu e questo post?
Comunque sia mi è piaciuto molto. Che io sappia solo gli altri vivono le vite che desiderano.
È roba vecchia infatti, ma attuale.
Grazie. Un abbraccio
La speranza cammina sempre, ed è quella che salva (nonostante poi si dica…)
Alcuni pellegrinaggi è necessario farli al contrario.
Altri bisognerebbe evitarli
che bel racconto. Fantasia o reale è veramente bello. Brava, brava, brava
Oh cielo! Grazie
meritati